L’inserimento delle infrastrutture nel territorio può modificare il contesto preesistente, a volte comportando effetti che, per motivi non individuabili in fase di studio, si rivelano non compatibili con gli equilibri naturali, anche in fase di costruzione. È perciò necessario dotarsi di strumenti utili a capire il contesto mutato, definendo gli elementi che, differentemente da quanto era stato previsto in progetto, sono intervenuti a cambiare le condizioni al contorno. In questo lavoro si esamina il dissesto avvenuto durante la costruzione delle opere dell’imbocco nord della galleria naturale San Giovanni. Per studiare il cinematismo che ha provocato il dissesto sono state intraprese attività di indagine e di monitoraggio. Queste hanno consentito sia di ricostruire un modello geologico geotecnico del versante coerente con l’accaduto, sia di monitorare l’evoluzione dei movimenti, allo scopo di garantire le opportune condizioni di sicurezza, progettare adeguati interventi di ripristino dei luoghi, riprendere e completare le operazioni di scavo.
Le opere in sotterraneo interessano un particolare campo di progettazione ingegneristica in cui i lavori di realizzazione agiscono a perturbare un equilibrio naturale preesistente; per sua natura, un’opera in sotterraneo viene costruita all’interno di un mezzo, il terreno, che possiede una particolare consistenza, funzione delle caratteristiche fisiche e meccaniche, della storia evolutiva che lo ha interessato e dell’interazione con il contesto naturale e i fattori ambientali in cui l’ ammasso di cui fa parte si inserisce. gli elementi citati contribuiscono a determinare la morfologia del territorio, visibile in superficie, ma anche la configurazione strutturale che il mezzo presenta nella sua parte non visibile, in profondità, dove diventa inoltre fondamentale lo stato di sollecitazione che l’ammasso ha subito nel tempo e quello che presenta nel periodo di studio.
Uno degli obbiettivi della progettazione è di avere un’appropriata conoscenza di quegli elementi che servono a determinare, con adeguata approssimazione, il comportamento che il terreno avrà quando interessato dai lavori. Inoltre la costruzione di un’opera in sotterraneo avviene per fasi successive e con un avanzamento progressivo, determinando stadi transitori in cui il comportamento del varia in funzione delle sue caratteristiche, dello stato tensionale in cui si trova, del tipo di perturbazione apportata e degli interventi messi in opera. Per ogni fase deve essere perciò garantita una configurazione che ristabilisca una nuova condizione di equilibrio. In funzione della morfologia del territorio vengono individuati il posizionamento e la configurazione delle opere di imbocco delle galleria, ed è in genere necessario prevedere la costruzione di strutture di precontenimento del terreno a monte del futuro scavo, tali da creare una situazione in cui sia possibile avviare le operazioni di scavo mantenendo le condizioni di equilibrio del versante da attaccare.
Proprio la realizzazione delle opere preliminari allo scavo della galleria San Giovanni ha determinato un’importante criticità, poiché l’avvio delle lavorazioni all’imbocco nord, a seguito di un periodo di tempo in cui era stata registrata una particolare piovosità, hanno compromesso la stabilità del versante in cui questo si inserisce.
il caso di studio
La costruzione della galleria naturale San Giovanni si inserisce nell’ambito dei lavori di ammodernamento ed adeguamento della sede autostradale A3 Salerno-Reggio Calabria, nel tratto compreso tra le progressive pk 414+490 e 417+150, ricadente nel Comune di Bagnara Calabra, provincia di Reggio Calabria, per realizzare l’attraversamento dell’altopiano in località Piana della Chiusa.
L’imbocco nord della galleria San Giovanni interessa il versante nord orientale dell’altopiano, il quale presenta un dislivello morfologico di circa 400m, da 531 m s.l.m. in corrispondenza della sommità pianeggiante del rilievo, fino a 131m s.l.m. in corrispondenza dell’alveo del Torrente Sfalassà.
Figura 1 – Versante sinistro del torrente Sfalassà (aprile 2012).
Il progetto prevedeva la realizzazione della galleria con metodo tradizionale e scavo a piena sezione per entrambi i fornici, canna Nord e canna Sud, rispettivamente di lunghezza 1207.82 e 1306.55m circa. Per entrambe le canne l’avanzamento è stato portato avanti dall’imbocco Sud adottando, tratta per tratta, ed a seconda delle indicazioni progettuali e delle esigenze emerse, le opportune sezioni tipo.
Figura 2 – foto scattata durante la sospensione dei lavori qualche ora prima della frana.
Le opere di imbocco sono state completate nel mese di febbraio 2007.
All’avvio delle operazioni di scavo (marzo 2007, fig.2), si è innescato un fenomeno di instabilità superficiale a ridosso della paratia che si è rapidamente esteso a monte, producendo il dissesto di parte del versante (fig.3).
Figura 3 – Visuale del dissesto della paratia d’imbocco Nord della galleria S. Giovanni
Modello geologico-geotecnico di progetto esecutivo
Secondo gli studi condotti fino alla stesura del progetto esecutivo, il versante interessato dall’imbocco risultava costituito da una formazione di origine metamorfica, costituita da gneiss quarzoso-feldspatici, ricoperta da sabbie Plioceniche e Pleistoceniche, depositi marini e alcuni metri di sabbia di origine colluviale.
Nell’area venivano individuate due differenti formazioni, distinguibili in due facies tettoniche ben individuabili: in località “La Torre-Feliciusu” il substrato roccioso si presentava con caratteristiche massive e molto compatto, fratturato ma poco o niente alterato, mentre, presso l’imbocco nord della galleria ed il versante sinistro del Torrente Sfalassà, si presentava con una intensa fratturazione e tettonizzazione, associata ad uno spessore superficiale di alterazione che nascondeva, quasi completamente, la struttura litoide originaria.
L’orizzonte superficiale di alterazione, variabile tra i 5 e i 30 metri circa, veniva riconosciuto come prodotto dei fenomeni di alterazione che hanno interessato la formazione a partire dal Miocene, inizialmente in ambiente marino ed in seguito in ambiente continentale.
Il detrito di versante presente a ricoprimento del pendio, con granulometria eterogenea a prevalente frazione fine, con inclusi ciottoli e blocchi di varia natura, veniva individuato con uno spessore pari a circa 10 metri. Secondo questo modello il detrito poggiava sulla roccia alterata, fratturata e detensionata di gneiss occhiadini; a questo livello era stato attribuito uno spessore di circa 5m, a segnare il passaggio tra la copertura detritica ed il substrato roccioso intensamente fratturato, via via più integro a maggiori profondità.
Figura 4 – Modello geologico di Progetto Esecutivo.
In sintesi, il tetto del substrato gneissico agiva, in questo modello idrogeologico, da livello impermeabile per i sovrastanti depositi clastici (coltri detritiche, sabbie ghiaiose e depositi terrazzati) all’interno dei quali, data l’alta permeabilità, era stata ipotizzata l’esistenza di un acquifero transitorio a regime stagionale.
A valle di queste conoscenze di base, e a seguito dell’evento osservato, sono stati programmati gli opportuni approfondimenti, e avviate attività di indagine e di monitoraggio allo scopo di approfondire il livello di conoscenze, capire e definire il cinematismo e le sue cause scatenanti, e successivamente progettare gli interventi per ristabilire condizioni di sicurezza per riprendere le operazioni di scavo.
osservazioni e studi
Il piano di indagini, predisposto a seguito dell’evento, comprendeva attività di rilievo geologico e geomorfologico, una campagna di indagini geognostiche, indagini sismiche e prove di laboratorio.
In particolare è stato effettuato:
- il rilievo celerimetrico di una porzione di versante più estesa di quella direttamente coinvolta dalla frana dell’1 marzo 2007;
- sondaggi geognostici con installazione in foro di tubo inclinometrico o di un piezometro;
- prove Lugèon lungo il foro di sondaggio SCbis;
- tomografie sismiche;
Figura 5 – Ubicazione delle indagini effettuate nella campagna di aprile-maggio 2007(CERI).
- prove di laboratorio per la caratterizzazione fisico-meccanica di campioni di “sabbie”;
- 1 prova down-hole nel foro di sondaggio SAbis;
- stima delle caratteristiche fisico-meccaniche dell’ammasso roccioso di gneiss eseguita sulla base di rilievi geomeccanici di sito, valutazione dello stato di fratturazione delle carote di sondaggio e prove di laboratorio.
Tutti i fori di sondaggio sono stati attrezzati con strumentazioni di monitoraggio, o inclinoestensimetrico o piezometrico.
A valle dei primi studi (marzo-maggio 2007) il dissesto veniva ricondotto all’esistenza di un’antica frana di grande volume, che interessava la parte più profonda del versante. Tale antica frana era caratterizzata da una scarpata principale a circa 526m s.l.m. e alcune scarpate secondarie, con altrettanti livelli di superfici terrazzate. Lo stato di intensa erosione del versante e la presenza di una fitta vegetazione, portavano ad individuare visivamente solamente due di queste superfici, rispettivamente a circa 490m s.l.m. (terrazzo principale) ed a 480m s.l.m. (terrazzo secondario).
Dall’interpretazione degli elementi geomorfologici rilevabili in sito, veniva osservato che l’antica frana presentava una larghezza di circa 300m, una lunghezza di circa 195m ed era caratterizzata da un meccanismo rototraslazionale, testimoniato dai diversi livelli di terrazzamento.
Sulla base degli elementi geologici di superficie rilevati
dall’osservazione del versante, la frana avrebbe causato il ribassamento del contatto stratigrafico tra sabbie plio-pleistoceniche e gneiss, fino ad un massimo di 50m a causa di successivi movimenti, con scorrimenti rototraslativi.
Risultava inoltre che la porzione di versante interessata dalla antica frana era delimitata da due fossi in approfondimento, posizionati in corrispondenza dei fianchi della frana stessa. Si osservavano all’interno del versante coinvolto nello scorrimento rototraslazionale, numerose e diffuse evidenze di incisioni causate dalle acque di ruscellamento, che interessavano anche le superfici terrazzate, mettendo in evidenza l’intenso stato di fratturazione e disgregazione dell’ammasso roccioso coinvolto nel meccanismo di frana.
L’instabilità gravitativa che ha distrutto le opere di imbocco nel Marzo 2007 avrebbe, dunque, interessato parte del corpo della suddetta antica frana, limitatamente alla sua porzione più superficiale.
A valle degli studi condotti è stato elaborato il modello geologico come si vede in figura 6.
Monitoraggio
A partire da Novembre 2007, il versante è stato monitorato in maniera continuativa; è stato predisposto un articolato sistema di monitoraggio in grado di registrare gli spostamenti superficiali e quelli in profondità, sia del versante che delle opere realizzate, integrato con piezometri e pluviometri.
In particolare tale sistema predisposto dal CERI incaricato dal Consorzio SARC comprendeva:
- Un sistema integrato costituito da un interferometro terrestre (TInSAR), una stazione metereologica e una fotocamera automatica (da novembre 2007)
- Tre inclinometri, di cui uno attrezzato con piezometro di Casagrande (da giugno 2007)
Figura 6 – Modello geologico-tecnico ed evoluzione geomorfologica del versante imbocco Nord Galleria San Giovanni – Studio La Sapienza-CERI, 2010
- Un sistema di monitoraggio topografico delle nuove opere di sostegno (da settembre 2008)
- Celle di carico per monitorare i manufatti costruiti (da settembre 2008)
- Stazioni di misura delle convergenze in galleria (da novembre 2009)
Le misurazioni tramite inclinometro sono state condotte ad intervallo di 15 giorni, così come il piezometro di Casagrande, istallato ad una profondità di 48 m dalla superficie, che non ha mai registrato presenza di acqua.
Il monitoraggio delle opere con misure topografiche e celle di carico, veniva effettuato con intervallo di tempo che va da 15 a pochi giorni, in funzione dell’avanzamento dei lavori, mentre il monitoraggio delle convergenze in galleria aveva un intervallo di campionamento da un giorno ad una settimana, ogni 7m di avanzamento dello scavo.
Figura 7 –Schema di funzionamento dell’interferometro SAR Terrestre (Nat Hazards, DOI 10.1007/s11069-011-9840-6, Springer)
La scelta di introdurre la tecnica di monitoraggio interferometrica SAR Terrestre è stata determinata dalla complessità dell’opera e del contesto in cui questa si inserisce, soprattutto in considerazione del fatto che, essendo il pendio soggetto a lavorazioni, fare esclusivo riferimento a tecniche di monitoraggio tradizionali, poteva portare a valutazioni affette dal disturbo dovuto alle attività lavorative e ad una configurazione del versante in evoluzione. Inoltre era importante operare un monitoraggio in continuo, indipendentemente dalle condizioni atmosferiche e dallo svolgersi delle attività legate alle lavorazioni, in modo da avere uno strumento di controllo e riconoscere condizioni di potenziale pericolo.
Uno dei vantaggi delle tecniche Radar terrestri consiste infatti nell’utilizzo di frequenze del segnale nel campo delle microonde che funzionano anche in condizioni meteorologiche avverse e con tempi di restituzione molto rapidi. L’interferometria SAR consente di ottenere immagini radar bidimensionali del versante irradiato, sia nella direzione congiungente strumento e versante che nella direzione ad essa ortogonale, nel piano orizzontale. Il sistema utilizza un sensore radar che scorre lungo un binario emettendo e ricevendo un segnale, con frequenza nel campo delle microonde; la differenza di fase dei singoli pixel di due immagini acquisite con un certo intervallo di tempo, corrispondenti a punti del versante irradiato, una volta eliminato il disturbo atmosferico, permette di risalire allo spostamento del singolo pixel e quindi del punto.
La piattaforma di controllo in remoto è stata collocata in un apposito box posizionato sul versante opposto a quello da monitorare, ad una distanza di 700-900m; è stata attiva in maniera continuativa da novembre 2007, con un intervallo di campionamento delle immagini di 5 minuti, e supportata da un sistema di collegamento di rete satellitare per la gestione remota del sistema ed il trasferimento dei dati.
Il prodotto finale consiste in mappe bidimensionali degli spostamenti del versante (interferogrammi) e serie temporali di spostamento di alcuni singoli pixel, identificati a priori come settori ad elevata qualità e significativi per il monitoraggio del movimento del versante.
Le mappe di spostamento consentono l’identificazione dei settori a comportamento omogeneo del versante, mentre le serie temporali dei singoli pixel permettono di seguire l’evoluzione dei vari settori e di averne un riscontro numerico. A questi dati vengono associate le variazioni delle grandezze fisiche misurate tramite stazioni meteorologiche ed immagini ottiche del versante. L’insieme dei dati ricavati dai diversi metodi di monitoraggio è stato lo strumento che ha consentito di procedere all’interpretazione del fenomeno.
risultati
Questo articolato piano di monitoraggio ha fornito informazioni sui movimenti del versante nelle diverse fasi temporali seguenti al dissesto, in funzione delle attività in corso. In particolare nel periodo tra novembre 2007 e novembre 2009 il versante è stato interessato dalle lavorazioni finalizzate a ripristinare condizioni di stabilità e sicurezza per il riavvio dello scavo.
Le attività di stabilizzazione hanno previsto la riprofilatura del versante, la realizzazione di muri provvisori a protezione della viabilità di accesso nella parte bassa del versante, la messa in opera di gabbioni e di tre ordini di paratie tirantate ed infine la realizzazione di canalette per la raccolta e l’allontanamento delle acque meteoriche dal versante.
Contemporaneamente sono continuati i monitoraggi degli spostamenti superficiali, profondi e le misure piezometriche. In questa fase è stata rilevata la mobilitazione di porzioni di volume limitato della frana, che ancora non avevano esaurito i loro spostamenti, lo scivolamento di parti superficiali in prossimità dell’area di cantiere, l’assestamento dei gabbioni a monte delle paratie e uno spostamento di modesta entità delle paratie stesse.
Questi movimenti sono risultati correlabili al regime delle precipitazioni: i gabbioni hanno subito deformazioni legate al naturale assestamento e al regime pluviometrico, mente le paratie hanno subito spostamenti contenuti (circa 23mm sul primo ordine) di entità maggiore nella parte sommitale, comunque compatibili con la funzionalità delle opere.
Figura 8 – Fasi delle lavorazioni da settembre 2006 a settembre 2009 (Nat Hazards, DOI 10.1007/s11069-011-9840-6, Springer)
Lo scavo è stato ripreso il 7 novembre 2009, e sono stati realizzati 30m circa di galleria nei due mesi successivi.
Figura 9 – Sistemazione del versante e ripresa delle operazioni di scavo
In una prima fase, tra il 7 novembre e il 3 dicembre 2009, è stato registrato un incremento delle velocità di spostamento dei punti in superficie e movimenti profondi misurati con gli inclinometri. Prima dell’inizio dello scavo si registrava una velocità di spostamento delle paratie costante, dell’ordine di 0.05 mm/h; immediatamente dopo l’inizio dello scavo venne rilevato un rapido aumento, con valore massimo di 0.75 mm/h, e picchi di accelerazione e decelerazione di 0.02 mm/h2.
In particolare l’inclinometro SA, che prima della ripresa dello scavo registrava spostamenti molto ridotti e limitati ad una profondità di 16m, in questa fase ha misurato spostamenti in profondità, fino a 46m; l’inclinometro SAbis che prima non aveva registrato movimenti ha rilevato un netto movimento di una fascia di terreno di 13m. Di conseguenza il 3 dicembre è stata arrestata l’attività di scavo.
Figura 10 – Misure inclinometriche SA
Al riavvio dello scavo, a gennaio 2010, è stata registrata una ripresa delle accelerazioni di spostamento sia per i punti in superficie che in profondità; l’entità dei movimenti era tale da indurre all’interruzione definitiva dello scavo per procedere ad una nuova fase progettuale.
Il monitoraggio interferometrico ha registrato movimenti in linea con quelli registrati dal monitoraggio topografico, come mostrato in fig.11.
Figura 11 – Serie di spostamenti da misure interferometriche e topografiche sui tre livelli di paratie e dall’inclinometro del sondaggio SA. (IJEGE.2013-06.B-29)
Figura 12 – Punti di riferimento dell’interferometria terrestre
In valore numerico gli spostamenti restituiti dalle misure interferometriche (curva magenta) e quelli misurati tramite inclinometri (curva nera) risultano ragionevolmente diversi, poiché le due tecniche di monitoraggio rilevano spostamenti avvenuti a due quote differenti: le misure inclinometriche fanno infatti riferimento agli spostamenti del terreno e in particolare a 0.5m di profondità, mentre il punto 102 individuato per le misure interferometriche è posizionato sulla paratia.
Prendendo come riferimento il periodo compreso tra la misurazione inclinometrica del 22 gennaio 2009 e quella del 10 maggio 2010 si trova ad esempio che il punto 102 si è mosso di circa 45mm mentre le misure inclinometriche rilevano un delta di spostamento di circa 30mm.
Figura 13 – Spostamenti da misure inclinometriche e misure interferometriche nel periodo tra il 22/01/2009 e il 10/05/2010
interventi di consolidamento e sistemazione
In definitiva l’attività di monitoraggio predisposta in fase costruttiva ha consentito di individuare i movimenti che interessavano la parte più superficiale del versante, legati al regime pluviometrico: poiché le letture piezometriche non hanno mai rilevato presenza di falda è stato ipotizzato l’instaurarsi di falde transitorie nei primi metri dal piano campagna. Invece i movimenti registrati in profondità e per le opere di sostegno non sono legati al regime pluviometrico, ma sono stati ricondotti alla riattivazione di superfici di scivolamento profonde dell’antica frana. Gli evidenti segni di dissesto del versante e gli spostamenti delle opere durante gli scavi in galleria hanno portato a riconoscere una nuova situazione di allarme che ha indotto alla sospensione dell’avanzamento e allo svolgimento di ulteriori studi ed indagini, allo scopo di formulare un efficace piano di interventi risolutivi
La soluzione progettuale conseguente è stata finalizzata a garantire adeguati livelli di sicurezza durante tutte le fasi di lavoro, limitando i possibili effetti dello scavo delle gallerie sul versante.
I lavori sono stati ripresi il 15 luglio 2011 e il progetto di variante comprendeva:
- l’introduzione di barriere paramassi a protezione della autostrada esistente;
- la riprofilatura del versante secondo uno schema con scarpate aventi pendenza di 30° (le prime due dall’alto) o 3/2 (le rimanenti) e banche con larghezza di 6m, sino alla quota di spiccato della paratia n°3 già realizzata, per un totale di circa 510.000 mc di scavo;
- la realizzazione di una struttura di contrasto al piede, con un muro in cls di 5.400 mc di volume fondato su micropali, e soprastante rivestimento di scarpata per ulteriori 5.000 mc;
- la modifica delle fasi di lavoro per consentire lo scavo delle gallerie in sicurezza;
- lo scavo in sotterraneo secondo la sezione di progetto, a piena sezione;
- l’adattamento delle opere idrauliche e delle opere a verde di completamento del versante alla nuova sagoma degli sbancamenti;
Figura 14 – Riprofilatura del versante canna nord
Inizialmente è stato inoltre previsto di mettere in sicurezza le opere di sostegno già realizzate attraverso l’esecuzione di tiranti aggiuntivi. L’avanzamento in galleria ha successivamente provocato, nel giugno 2012, la formazione di un fornello in carreggiata nord, in corrispondenza del terreno al piede della paratia del II° ordine che ha portato alla sospensione delle attività sul versante; i lavori di sistemazione del versante sono stati ripresi solo dopo il completamento delle gallerie e l’apertura al traffico nel mese di luglio. Inoltre è stato previsto di arretrare le ultime tre banche di scavo per consentire l’eliminazione dei previsti consolidamenti tramite chiodature profonde, apportando una diminuzione delle forze destabilizzanti, costituite prevalentemente dalle sabbie superficiali, fig. 14.
Le lavorazioni sono state costantemente affiancate dalle attività di monitoraggio descritte. L’esperienza qui riportata testimonia come queste forniscano un efficace strumento di indagine e studio per fenomeni anche complessi di dissesto, per la definizione di una risoluzione progettuale e la garanzia delle condizioni di sicurezza.
Bibliografia
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RINGRAZIAMENTI
Si ringraziano il Dott. Geol. P. Mazzanti, il Dott. Geol. M. Presta e il Dott. Geol. U. De Luca per i dati forniti.